Università, perché il pubblico perde e il privato vince
di Paolo Mandarà
05/07/2018
Mentre l’ateneo guidato da Micari ha ridotto al minimo i motori trasformando il futuro in un punto interrogativo, l’università privata incalza. Intervista a Calogero Di Carlo, coordinatore delle sedi nazionali di Pegaso
Cita Giovanni Falcone per incitare i giovani a muoversi, a credere nel merito, a lavorare sulle potenzialità ancora inespresse: “Bisogna avere fiducia nelle proprie idee e farle camminare sulle proprie gambe”. Calogero Di Carlo, coordinatore delle sedi nazionali di Pegaso, conosce bene le difficoltà di imporsi delle nuove generazioni e, dall’alto della sua competenza e del suo ruolo, prova ogni giorno a offrire strumenti innovativi e al passo coi tempi, ad aprire varchi e prospettive nel mondo del lavoro.
La Pegaso vanta in Italia 70mila iscritti. L’Università di Agrigento, al centro della nostra inchiesta di martedì scorso, circa 600. Il loro futuro traballa, come le sorti di un Consorzio che deve a Palermo, l’ateneo di riferimento, qualcosa come 12 milioni di euro. Il rettore Micari ha ridotto al minimo i motori e adesso il futuro è un enorme punto interrogativo. Come per molti altri poli universitari, nati con l’idea di decentrare l’offerta formativa e raggiungere più studenti, ma che spesso hanno finito per trasformarsi in macchine mangiasoldi, dove prevale la cattiva gestione: “Il sistema universitario, quello pubblico, versa in uno stato comatoso – analizza Di Carlo – Una volta godeva di ottima salute, adesso la crisi finanziaria e una progettazione un po’ miope lo sta facendo soffrire. E, come ad Agrigento, i nodi vengono al pettine”.
“Secondo me è un problema di organizzazione, di logistica – argomenta Di Carlo -. Di uffici troppo grandi che sono stati creati per mettere dentro più gente possibile. Creare sedi universitarie decentrate è stata un’idea lungimirante, perché poteva dare a tutti i giovani la possibilità di studiare, anche a coloro che vivono distanti dalle grandi città. Ma bisognava essere più bravi nell’organizzazione e meno spendaccioni nella gestione. Oggi, alla Pegaso, bastano 3 o 4 persone per portare avanti un ufficio, non trenta come nelle università residenziali”.
Il concetto stesso di decentramento pare obsoleto di fronte all’incedere dell’università online. Che è tascabile, multitasking, pronta all’uso. E soprattutto, si trova ovunque: “In Sicilia apriremo 2 o 3 nuovi sedi – spiega Di Carlo – ed entro l’anno accademico 2018-19 arriveremo a oltre 100 sedi in Italia (attualmente se ne contano 74, ndr). Agrigento, Enna e Trapani sono le zone che ne hanno più bisogno, perché le più difficili da raggiungere. La viabilità in Sicilia non è propriamente sviluppata e ne paghiamo ogni giorno le conseguenze”.
Oggi le opportunità offerte dalle università private residenziali e dalle telematiche sono identiche: “Sia nell’ambito degli sbocchi lavorativi, che del percorso di studi affrontato. La nostra è una didattica interattiva – racconta Di Carlo – Bisogna dare ai giovani ogni opportunità. Una scelta fra pubblico e privato? Dipende dalle facoltà, dagli indirizzi… Noi diamo un’ampia gamma di soluzioni, abbiamo investito tanto sul territorio e sui suoi bisogni, siamo decisamente al passo coi tempi. Direi che i tempi li abbiamo quasi superati, grazie all’impegno del nostro presidente Danilo Iervolino, che è un vero picconatore del web. Di notte produce le idee, di giorno le materializza. Non siamo elefanti, ma ci muoviamo di continuo. La nostra è una formazione dinamica”.
Parlando di lavoro, il coordinatore di Pegaso non si fa trovare impreparato. “Stiamo promuovendo progetti, accademie, corsi per certificare i vecchi mestieri. Cerchiamo di formare anche i futuri imprenditori, perché nella vita non si può diventare sempre avvocato o notaio. Arriveremo con una piattaforma che erogherà formazione in sette lingue e abbiamo il 69% delle quote di Unimercatorum, il primo modello di università pubblico-privata creato assieme alle Camere di Commercio. Penso possa essere un ottimo esempio, da concretizzare anche in Sicilia, per non far morire le università distaccate. E’ un segnale che qualcuno, spero, riuscirà a cogliere”.